Letture critiche [Il mito familiare]

Il mito familiare

 

Che cos'è il mito familiare


Il mito familiare può essere definito come una griglia di lettura della realtà, in parte ereditata dalle generazioni passate, in parte creata nella generazione attuale, che assegna a ciascun membro della famiglia un ruolo e un destino specifici. E' un concetto usato per descrivere le credenze che la famiglia ha di sé, che si compone di immagini e leggende che contribuiscono a creare il senso di identità della famiglia stessa. I miti, benché falsi e illusori, sono accettati da tutti, anzi hanno qualcosa di sacro e tabù che nessuno oserebbe sfidare. Infatti per ogni famiglia i propri miti rappresentano la verità.

"In qualsiasi relazione - scrivono Andolfi e Angelo - si viene prima o poi a creare un mito, per il fatto che in ogni relazione rimane un margine di ambiguità, di non espresso, dove i vuoti di informazione nel processo di costruzione del legame e della reciproca conoscenza vengono colmati attraverso la formazione di stereotipi che cercano di indurre i partecipanti a comportamenti specifici, funzionali al mantenimento del legame". Il mito è l'antitesi della cronaca: si sviluppa sui "vuoti", sulla mancanza o incompletezza di dati e spiegazioni. Byng-Hall in "Le trame della famiglia" individua quattro elementi che costituiscono le storie familiari ed entrano a far parte della mitologia della famiglia; esse sono:

  1. racconti o aneddoti familiari: sono storie raccontate per divertimento, con un eroismo spesso esagerato rispetto alla realtà; gli eroi sono sempre a un passo dalla catastrofe.

  2. fiabe o storie di copertura: episodi inventati e presentati come realtà; è qualcosa che può essere fatto anche consapevolmente, per esempio per giustificare l'assenza di un familiare detenuto o malato di mente. Un evento negativo tenuto segreto o le fantasie ad esso collegate, non sono più distinguibili dal mito e determinano il comportamento della famiglia o di un membro della stessa.

  3. segreti familiari: sono fatti che vengono comunicati in privato con preghiera di non farne parola con nessuno, ma ognuno la trasmette a un altro componente della famiglia, così diventano di dominio pubblico, legando però il confidente e l'ascoltatore in una coalizione nascosta.

  4. leggende familiari: storie esagerate e molto pittoresche che vengono tramandate di generazione in generazione. Probabilmente sono racconti morali che comunicano le regole e gli obblighi della vita familiare. Sono modellate dal narratore e rispondono alle esigenze omeostatiche della famiglia in modo che le modifiche involontarie del racconto siano consone con le credenze attuali della famiglia.

Anche i ricordi degli eventi costituiscono un elemento delle storie familiari, ma non andranno ad alimentare la mitologia della famiglia perché consistono nel produrre delle informazioni che si basano su una ricerca quasi scientifica dei fatti, che risulteranno forse abbelliti, ma mai distorti, poiché il loro obiettivo è informare, non indottrinare.

Che un segreto o un mito siano basati su un evento reale o su fantasie derivanti da tale evento, non sembra avere importanza nei confronti della sua influenza; inoltre spesso l'origine di un mito familiare è perduta, ma sembra che anche questo non ne indebolisca la forza e l'efficacia.

Si potrebbe dire che si tratti di qualcosa di sotterraneo che scivola di generazione in generazione rimanendo silenzioso per poi riemergere o esplodere nel comportamento di uno dei membri della famiglia. Le risposte degli altri membri della famiglia mettono in moto processi di interazione che rafforzano o indeboliscono -in maniera circolare- i suoi effetti. Come scrive Ferreira, il mito familiare è la pietra angolare sulla quale si mantiene l'omeostasi del gruppo che l'ha prodotto.

I miti riguardano fondamentalmente la forza, la dipendenza, l'amore, l'odio, il desiderio di prendersi cura di qualcuno, di ferire, sentimenti collegati al sesso, alla nascita, alla morte che ogni membro di una famiglia può provare.

Da quanto detto consegue che per comprendere la creazione di un mito è opportuno prendere in considerazione le aspettative riguardanti il matrimonio, i figli, la professione, la vita in genere di almeno tre generazioni.


Funzione del mito familiare


Secondo Andolfi e Angelo il mito familiare è strettamente connesso al rito familiare; quest'ultimo è sia l'elemento costitutivo sia l'elemento rappresentativo del mito stesso, con una funzione di mantenimento o di potenziale cambiamento.

I riti sono atti codificati, che si ripetono nel tempo e ai quali partecipano tutti i membri della famiglia; rappresentano le aspettative condivise di come la famiglia reagirà in particolari occasioni. Sono rappresentazioni simboliche che celebrano particolari funzioni, soprattutto in occasione di passaggi di ciclo vitale (per esempio matrimoni, funerali, feste per ricorrenze annuali, ecc.). Hanno lo scopo di trasmettere valori o atteggiamenti comportamentali. Attraverso essi ognuno impara a conoscere gli altri, ad agire adeguatamente nei loro confronti, ad assumere il comportamento più adatto per il raggiungimento dei propri fini o la soddisfazione delle aspettative degli altri.

Ciascuno darà un significato al comportamento dell'altro, perciò sul rituale si andranno a sovrapporre una serie di significati soggettivi. Il mito familiare è il risultato dello sforzo di dare coerenza ai riti, di collegarli in una struttura unificante, esprimendo i valori in essi presenti in una forma condivisa da tutti. In altre parole, è sul mito familiare che ogni membro ha costituito la propria identità.

Secondo Byng-Hall si possono descrivere tre gruppi di immagini di ruolo all'interno delle famiglie:

  • Immagini ideali: i comportamenti ai quali ognuno aspira, o quelli che un familiare induce altri componenti della famiglia ad adottare.

  • Immagini disconosciute o ripudiate: comportamenti che sono proibiti e disapprovati negli altri e in se stessi, anche se possono essere notate dalle persone esterne al nucleo familiare.

  • Immagini di ruolo consensuali: vi è un tacito accordo che ogni componente adempirà a un ruolo assegnatogli. Questo conferisce alle immagini di ruolo una stabilità che è necessaria ai componenti della famiglia per stare insieme.

Quindi il mito ha una funzione di coesione fra i membri della famiglia e ogni tentativo di attaccarlo viene arginato, respinto, proprio perché rappresenta un attacco all'identità. Infatti ogni famiglia ha le sue prassi, i suoi miti, che siccome sono stati funzionali per tanti anni ai bisogni del sistema familiare, sembrano logici, giusti, ai membri della famiglia, ma agli osservatori esterni possono apparire misteriosi, incomprensibili o addirittura sconcertanti e offensivi.

Le difficoltà che sottostanno alla nascita dei miti familiari sono quelle legate ai processi evolutivi di separazione e individuazione, "mentre la trama sembra seguire quel libro dei debiti e dei crediti intra e intergenerazionali che stabiliscono la comparsa e l'evoluzione dei ruoli che le varie persone devo ricoprire, secondo tematiche di colpa, perfezione, ecc." (Andolfi e Angelo)

Scrive Boszormenyi-Nagy in "Psicoterapia intensiva della famiglia: "L'esistere e il perpetuarsi di miti familiari condivisi prova che i membri della famiglia sono stati costretti ad accettare certe assegnazioni di ruolo come oggetti per mantenere in vita e al tempo stesso mascherare i sottostanti e più profondi sistemi dinamici della famiglia." (pag. 129). Framo, nello stesso testo, aggiunge che nelle famiglie meno differenziate i genitori non riescono a vedere i figli per quello che sono, ma vi proiettano qualcosa nel tentativo di elaborare desideri rimasti insoddisfatti nel passato e ferite che risalgono alle loro esperienze originarie, "così ogni famiglia ha i suoi residui fossili che risalgono alle generazioni passate e determinano ampiamente ciò che accade nel presente". Il paziente designato rappresenta una figura chiave o una fusione di figure della vita passata dei genitori (pag. 154). Quindici anni più tardi Stierlin sottolinea, in accordo con le definizioni di Nagy e Framo, che il mito ha funzioni difensive all'interno della famiglia -in quanto tende a evitare dolore e conflitti- e funzioni protettive al di fuori di essa, che subentrano nelle relazioni con gli estranei.


Il mito tra normalità e patologia della famiglia

La letteratura offre spesso una interpretazione negativa del mito familiare; in realtà in ogni famiglia, anche in quelle sane, esiste un mito familiare. Secondo Ferreira tutte le famiglie hanno bisogno di una base mitologica, ma una quantità eccessiva produce una sorta di indebolimento. Il mito ha la funzione di dare un senso alla propria esistenza, far sì che l'individuo si senta "qualcuno", venga riconosciuto dagli altri in quanto tale. Esso suggerisce ai membri di una famiglia una sorta di programma di azione, ciò che Byng-Hall denomina script familiare. La mitologia familiare è una miniera di modelli da cui attingere per assumere i diversi ruoli legati al succedersi delle fasi del ciclo vitale, quindi permette una crescita cognitiva ed emotiva della persona. I rischi insiti in certi miti familiari sono:

  • 1- l'esistenza di un autoinganno, per cui la credenza espressa è diversa da ciò che accade;
  • 2- che il mito diventi una sorta di sistema chiuso, che non permette l'integrazione di nuove informazioni; questo si verifica in particolar modo quando la famiglia si sente minacciata da una sfida alle sue credenze e teme per la sua stessa sopravvivenza. Se qualcuno sfida il mito in maniera persistente ed efficace allora verrà trasformato in capro espiatorio.
  • 3- che il mito familiare è talmente rigido da non poter rappresentare più una risorsa per la persona, ma un vincolo derivante dalla mancanza di differenziazione relativa al senso di identità dei membri dalla famiglia e agli atteggiamenti di ruolo. I cambiamenti non sono permessi, l'assegnazione di ruoli e funzioni si irrigidisce diventando irreversibile, non è possibile integrare il mito personale con quello familiare.

Secondo Byng-Hall dallo stile di attaccamento della famiglia dipende la flessibilità dei miti familiari.

Le famiglie con stile coerente/sicuro hanno una visione realista e coerente delle relazioni, si aspettano quindi tanto comportamenti positivi che negativi: le immagini di ruolo consensuali coprono una vasta gamma di comportamenti in cui le persone normali trovano spazio. Quando gli scenari di queste famiglie vengono rivisitati, le immagini che le persone hanno dei ruoli giocati si modificano per adattarsi alle visioni realistiche di ciò che accade.

Le famiglie con stile incoerente/evitante sono caratterizzate da una forte negazione difensiva degli eventi passati e presenti, le immagini di ruolo sono separate tra bene e male, le persone sono a volte idealizzate e altre volte denigrate. Le sfide al mito, a volte perpetrate da adolescenti stufi della ipocrisia imperante in famiglia, porteranno al rifiuto della persona che promuove il cambiamento, la quale verrà trasformata in capro espiatorio al fine di ottenere il consenso dagli altri familiari.

Le famiglie con stile incoerente/ambivalente presentano una continua rivisitazione del passato -recente o remoto- in termini di giusto o sbagliato, senza che si giunga mai a una soluzione. I componenti delle famiglie di questo tipo sono invasi da sentimenti di ingiustizia, ma contemporaneamente provano sentimenti di riconoscenza e obbligo rispetto a figure del passato. Spesso ci sono bambini che vengono percepiti sia infantili che responsabili e finiscono per stare in una posizione genitoriale, e adulti responsabili ma anche richiedenti e infantili. Le immagini di ruolo consensuali sono quindi in continuo cambiamento e non forniscono alle persone un'immagine costante di sé.

Miti familiari rigidi sostengono varie configurazioni patologiche. Wynne ad esempio spiegando i suoi modelli concettuali di pseudomutualità e muro di gomma, che trova nella organizzazione familiare del paziente schizofrenico, sostiene che esse sono rette da miti e ideologie familiari. La pseudomutualità è per alcuni aspetti simile al concetto di "massa indifferenziata dell'io familiare" e parla di una illusione che protegge la famiglia dal mondo esterno, dai pericoli di nuove informazioni o potenziali cambiamenti.



Il mito familiare nel processo terapeutico


Il gruppo di Mara Selvini Palazzoli individua nella prescrizione di rituali il modo di lavorare per annientare la forza del mito familiare, rifacendosi in maniera evidente agli insegnamenti di Ericksson. Attraverso una meticolosa prescrizione del rituale, comprendente orario, ritmo di ripetizione, protagonisti, ecc. si cambiavano le regole del gioco senza interpretare, spiegare… : le norme nuove tacitamente sostituiscono quelle precedenti.

Scrive Byng-Hall che i riti familiari sono suscettibili anche di cambiamenti "spontanei". Ad esempio quando la generazione successiva si fa carico per la prima volta di organizzare i festeggiamenti di Natale in casa propria, segna un passaggio importante della vita familiare.

Secondo Andolfi e Angelo bisogna decifrare il mandato assegnato a ogni membro della famiglia e introdurvi elementi di cambiamento. Elaborare il mito significa distanziarsi, separarsi da esso, ma anche accettarlo e farlo proprio per quegli aspetti che non minacciano l'individualità e l'autostima, ma al contrario possono essere utili per costruirsi un senso di appartenenza e identità.


Dr.ssa Cecilia Coccia

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Psicoterapia intensiva della famiglia Il mito familiare Gregory Bateson - Mente e Natura Metaloghi
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